lunedì 16 novembre 2015

Marketing, Comunicazione e Branding

Spesso i termini Marketing, Comunicazione e Branding sono usati impropriamente. Questo articolo ha lo scopo di evidenziare le differenze e il campo di applicazione.

Il Branding definisce la personalità e l'identità di un'azienda. Detta le linee guida della sua organizzazione, i suoi valori, i suoi scopi e fa si che possa attirare un particolare tipo di cliente che in essa si riconoscerà, in sintesi esprime la Vision(dove voglio arrivare?) e la Mission(come ci voglio arrivare?) dell'azienda. Il Branding, solitamente, non permette un ritorno immediato, si può considerare come la reputazione aziendale.

Il Marketing è una disciplina basata sulla statistica. E' utile introdurre il concetto di Marketing Mix, chiamato in gergo le 4P; Product, Price, Place (o placement) and Promotion. Successivamente, grazie al passaggio da un'economia orientata al prodotto ad una orientata al cliente si è passati alle 5P, aggiungendo People. Questi sono gli elementi che verranno analizzati e definiti nel Piano Marketing. Prima di qualsiasi scelta bisogna infatti analizzare i dati provenienti dal mercato, dai clienti, dai concorrenti e dalla produzione e trasformare il tutto in informazioni utili per prendere decisioni. Agire solo d’istinto a mio avviso per un’azienda può essere molto pericoloso.

La definizione di un piano Marketing può dividersi in 3 fasi: marketing strategico, analitico e operativo. 

Il Marketing Analitico è un'attività di ricerca e di studio del mercato, della clientela, dei concorrenti e della propria realtà aziendale. 

Il marketing strategico si basa sulla precedente analisi dei bisogni degli individui e delle organizzazioni. Questo aspetto del processo di marketing riguarda anzitutto l’individuazione, all’interno del mercato di riferimento, dei prodotti-mercato e dei segmenti già esistenti o potenziali. Di questi il marketing strategico misura l’attrattività in termini quantitativi, qualitativi (con riferimento all’accessibilità al mercato) e dinamici (con riferimento alla durata economica che è rappresentata dal ciclo di vita del prodotto).

La componente operativa (o tattica) del marketing ha il compito di realizzare concretamente le strategie definite nelle fasi precedenti, disponendo delle risorse (denaro, professionalità, tecnologia) nel modo più efficace. La tattica si realizza utilizzando le leve del marketing ovvero il marketing mix.

La comunicazione è uno strumento che dovrebbe essere a valle della strategia. La comunicazione è uno strumento utile sia al marketing che al branding. La  comunicazione in termini pratici è composta da tutti "messaggi" inviati direttamente o indirettamente ai vari portatori di interessi (stakeholders). Senza idee chiare e un obiettivo preciso non si va da nessuna parte e anche l’iniziativa promozionale più creativa può rivelarsi inutile e sbagliata.

Raramente il target della comunicazione coincide con il target di marketing. Esso può essere sia più ristretto- quando focalizza la comunicazione su cluster selezionati in grado talvolta di esercitare un certo effetto traino - sia più ampio - quando sia comunica non solo ai consumatori potenziali, ma anche a persone/organizzazioni che posso nutrire interesse per il bene/servizio offerto e intervenire in vario modo nel processo di acquisto: influenzatori, prescrittori, opinion leader/maker, operatori della distribuzione ecc.







giovedì 9 luglio 2015

Presentazione Prezi Italia


Casualmente questa mattina ho ritrovato la presentazione che preparai per l'international Lunch durante la mia permanenza in Bosnia-Erzegovina. Ogni persona doveva preparare dei piatti tipici, io preparai una pizza/bandiera italiana.

Potete trovare la presentazione a questo link: 





lunedì 30 marzo 2015

La mia prima pubblicazione scientifica

L'articolo, scritto insieme al Prof. Sotte, estende l'analisi svolta nella Tesi di Laurea magistrale al periodo di programmazione 2008-2013. L'articolo è nella sezione di approfondimento di Agriregionieuropa n.40.


La spesa della Pac in Italia 2008-2013

domenica 25 gennaio 2015

La mia prima pubblicazione scientifica, prossimamente su AgriregioniEuropa!


La seguente è una bozza dell'articolo che sarà pubblicato a marzo 2015 sulla rivista AgriregioniEuropa. Il lavoro estende l'analisi svolta nella Tesi di Laurea Magistrale all'anno 2013, analizzando l'intero settennio della spesa PAC in Italia.

Leggi la bozza

La spesa della PAC in Italia 2008-2012, Tesi di Laurea Magistrale

L’analisi che segue è volta a valutare la spesa complessiva della politica Agricola europea di cui beneficiano gli agricoltori Italiani nel periodo 2008-2012. Solo per una parte relativamente minore di tutta questa spesa, le Regioni (intese come istituzioni) hanno responsabilità diretta: quella relativa alla politica di sviluppo rurale del secondo pilastro della Pac. Ma la conoscenza complessiva dei volumi di spesa effettiva e della loro distribuzione sui territori regionali e tra i diversi beneficiari, è particolarmente importante per definire una strategia complessiva, dedurre le priorità di intervento ed evitare, al tempo stesso, sovrapposizioni tra misure e fabbisogni di intervento non coperti. L’analisi ha riguardato i pagamenti effettivi erogati nel quinquennio 2008-2012, finanziati da tre distinte fonti: (a) i pagamenti diretti del Fondo Europeo Agricolo di Garanzia (Feaga diretti); (b) gli altri pagamenti del Feaga, che riguardano una lunga lista di interventi di mercato connessi alla Ocm unica: disidratazione foraggi, stoccaggio cereali e vino, restituzioni per lo zucchero, distillazione vino, estirpazione vigneti, miglioramento qualità,  latte e frutta nelle scuole e altri scopi minori (Feaga diversi); (c) i pagamenti erogati dal Fondo Europeo Agricolo per lo sviluppo Rurale (Feasr) compreso il cofinanziamento a carico dei bilanci nazionali e regionali. L’analisi si focalizzerà su diversi livelli territoriali, nazionale, a livello macro regionale, e regionale. Sia nell’ambito macroregionale che regionale sarà fatto un continuo confronto con il livello territorialmente superiore. Il database utilizzato proviene dalle rendicontazioni che gli Stati membri fanno direttamente e sistematicamente alla Commissione Europea, contenente l’elenco di tutti i beneficiari e le erogazioni nel periodo di programmazione. Nella divisione in macro Regioni farò riferimento alla divisione utilizzata dal data warehouse del 6° Censimento generale dell’agricoltura[1] e alla “nuova” classificazione di Regioni Convergenza e Transizione. L’analisi è finalizzata a conoscere e comparare i livelli di spesa in termini di evoluzione temporale e di distribuzione sul territorio e sulle diverse tipologie di beneficiari. Ci aspettiamo di trovare una distribuzione della spesa tra Regioni e tra diverse tipologie di beneficiari eterogenea, con le Regioni del Sud in prima fila come beneficiarie dei fondi Pac ma con scarsa propensione all’efficacia e all’efficienza dei fondi Feasr. Ci aspettiamo di trovare una maggiore componente femminile e in genere giovanile al Nord rispetto al Sud Italia. Il lavoro è diviso in tre capitoli. Il primo illustra, dopo un breve excursus storico sulla Pac, come i fondi erogati dalla Commissione europea arrivano all’agricoltore/azienda agricola, in particolare analizzando il difficile percorso degli organismi pagatori che ad oggi non sono attivi in tutte le Regioni. Il capitolo due, il più corposo, fornisce una panoramica sulle caratteristiche agricole delle singole macroregioni (Nord Est, Nord Ovest, Centro, Convergenza, Transizione), successivamente, elaborando i dati del Mipaaf (Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali) si sono individuate le caratteristiche delle macroregioni con l’ausilio di grafici e tabelle. L’ultimo capitolo, si pone l’obiettivo di realizzare una visione di sintesi dell’intero panorama italiano confrontando sia le singole Regioni che le macroregioni al fine di rispondere ad alcune domande alla base del presente lavoro. Domande del tipo: Quale Regione ha percepito più fondi Feaga nel periodo in esame? Qual è la Regione che ha speso in modo virtuoso i fondi Feasr? Qual è la Regione che ha ricevuto i pagamenti medi più alti in relazione al numero al numero di beneficiari? Qual è la Regione con la maggiore componente giovanile?
Tra gli argomenti che non sono stato trattati vi sono:
·        Un giudizio sui singoli Psr entrati nel loro ciclo di vita finale,
·        Una possibile simulazione di come dovrebbe essere la nuova Pac 2014-2020 alla luce delle risultanze della nostra analisi,
·        L’analisi della spesa nell’anno 2013. I dati relativi al 2013 sono stati pubblicati dal Mipaaf nei primi giorni di giugno 2014, quando questo lavoro era già allo stadio avanzato.







[1] http://dati-censimentoagricoltura.istat.it/

giovedì 5 dicembre 2013

Corporate Income Tax in Italy, International aspects common to the OECD model

Una parola diffusa in ambito di tassazione è "Paradisi Fiscali". Come sono trattati dal nostro ordinamento tributario?

Corporate income tax in Italy

Tourism in Balkan Regions


I paesi balcanici, da sempre considerati arretrati, come si comportano nel settore turistico?

Tourism in Balkan Regions

MBTI, uses career counselling

L'Indicatore di personalità di Myers-Briggs, a volte abbreviato con MBTI (dall'inglese Myres-Briggs Type Indicator), individua una serie di caratteristiche psicologiche, identificate attraverso appositi questionari psicometrici, e nasce con l'idea di comprendere e schematizzare il modo in cui una persona si rapporta e si comporta nei confronti del mondo e della vita in generale. Nel mio lavoro analizzo come sia possibile utilizzare l'indicatore nell'ambito della selezione del personale.


Indicatore di personalità di Myers-Briggs

lunedì 21 ottobre 2013

Coalescenza territoriale e istituzionale?

L’arretratezza italiana rispetto al resto dell’Europa ha come causa, tra le tante, l’inefficienza dei sistemi urbani, caratterizzati da una bassa capacità di trasformare reddito in benessere e di generare innovazione e investimento. E’ così che si delinea la “questione urbana”, ovvero un declino economico che si manifesta maggiormente nella sfera dello sviluppo economico che nella sfera della crescita economica. Il declino economico italiano si può interpretare come determinato anche dalle insufficienti prestazioni delle principali città in termini di incremento dell’occupazione, di aumento della produttività e di riduzione dei costi sociali. Le ragioni che impongono all’ Italia di affrontare la “questione urbana” sono le stesse che si sono viste a livello europeo, cioè l’affermarsi della “competizione territoriale” come paradigma delle relazioni tra sistemi locali. La “competizione territoriale” è principalmente conseguenza della globalizzazione e della de-centralizzazione delle politiche pubbliche. 


domenica 12 maggio 2013

I lavoratori stranieri in Italia. Evoluzione legislativa



Il lavoro si pone l’obbiettivo di delineare in modo sintetico e immediato l’evoluzione della disciplina nostrana in tema immigrazione con specifico riguardo a motivi di lavoro subordinato. Il lavoro parte delineando gli aspetti costituzionali su cui si dovrebbe basare ogni legge e decreto sull’immigrazione. Successivamente viene delineata la disciplina a partire dagli anni ‘40 sino ai giorni nostri analizzando in particolare la normativa in tema di visti, ingresso e quindi permesso di soggiorno, rapporto di lavoro, cessazione del rapporto di lavoro e le regolarizzazioni.
La parte finale costituisce una semplice critica alla normativa attuale, senza entrare nello specifico dei tanti problemi, giuridici e di merito, da essa prodotti.


I lavoratori stranieri in Italia

sabato 20 ottobre 2012

Sviluppo locale, Genesi e situazione attuale


Sviluppo locale, Genesi e situazione attuale

Esordisco riportando qualche statistica per far comprendere la dimensione del tema trattato. In Europa vi sono circa 5 milioni di artigiani, di cui 1,8 milioni sono presenti in Italia. In Italia nel 2006 erano presenti circa 400.000 imprese, oggi ridotte per via della congiuntura economica negativa a 250.000. Lo sviluppo locale può essere considerato una croce e una delizia. Inizierei facendo un excursus storico.
L’Italia ha uno sviluppo duale a partire dal 1900, l’Italia del centro-nord ha uno sviluppo agganciato al resto d’Europa, mentre il sud era in una condizione cronica di sotto sviluppo. Questo si può sinteticamente spiegare perché l’Italia del centro-nord era agganciata ai flussi e le correnti , commerciali e di pensiero dell’Europa centrale, mentre il sud al contrario era escluso da tutto ciò. Ma non è tutto, cosa cambia tra il territorio del sud e il resto d’Italia?
Alcuni illustri sociologi economici hanno rinvenuto alcune elementi di differenza:
Nel sud Italia era diffusa la cultura del latifondo, il bracciante lavorava il terreno altrui in una logica salariale, diremmo oggi per “fare la giornata”,mentre nel resto d’Italia era diffusa la cultura della Mezzadria, il contadino lavora il terreno altrui in una logica contrattuale ma non vincolante, lavorare il terreno per poter fornire di viveri la propria famiglia e pagare una quota al proprietario terriero. Il contadino è abituato al fai da te, diversamente dal bracciante che svolge quell’attività solo per il salario. Il contadino del “nord” sa fare conto perché deve “mandare avanti” l’economia familiare, è l’imprenditore. La mezzadria impone la costruzione di un rapporto fiduciario tra i braccianti, e questo rapporto sfocia nella costruzione per la comunità (dei braccianti) di strade interpoderali, ma anche di altre infrastrutture.
Sul piano sociologico si individuano differenze anche sul piano delle famiglie. Al centro nord vige il modello della famiglia allargata, ovvero la costruzione di un gruppo di lavoro familiare, che spesso non coincideva con la famiglia nucleare. La famiglia è propensa ad una forte etica del lavoro, alla condivisione di risorse, a compensazioni interne, la famiglia cioè è un capitale sociale.
Al sud vigeva (anzi vige!) un modello di familismo amorale. Sono culture familiari che sviluppano al loro interno la massima fiducia, mentre hanno diffidenza verso l’esterno. Possiamo notarlo anche noi, abbiamo un diverso rapporto con i beni pubblici, privilegiamo gli interessi privati, siamo i free rider. ( fin quando non danneggiano la mia proprietà non mi interessa ciò che accade fuori).
Questo è il contesto in cui nasce e progredisce lo sviluppo locale. Nel frattempo, nel nord ovest Italia, si sviluppa il modello one company- one town, ci riferiamo a Milano e Torino. Queste città sotto il flusso delle conoscenza Europee, si sviluppano all’inverosimile nel campo industriale, l’emblema è Torino con la Fiat. Questo porta alle migrazioni dei contadini del sud al nord per trovare lavoro. Doppia frattura sociale, le campagne del sud si svuotano, mentre il contesto locale delle città del nord è impreparato ad assorbire un flusso di popolazione elevato. Per non dire che tali zone negli anni 80 saranno al culmine del declino del modello fordista. Le zone interne dell’Italia, o per meglio dire le zone della dorsale adriatica rimangono estranee a questo evento. Perché?
Perché a partire dagli anni 50-60 vi è una dismissione di attività prevalentemente francesi e inglesi, in particolare abbigliamento, mobilio, opere manuali in genere perché ritenute mature. La famiglia allargata del centro- nord Italia coglie l’occasione imprenditoriale, e sfrutta le conoscenza tacite ( i sapere familiari) per realizzare piccole attività. Si forma la figura del metal- mezzadro. Le famiglie svolgevano sia attività agricola sia attività di produzione di piccoli manufatti… sedie, banchi, scarpe, vestiti ecc..
E’ un fenomeno endogeno, auto propulsivo.
Perché questo al sud non è avvenuto? Basta analizzare il contesto delineato poc’addietro.
Altro punto importante è che le Regioni del centro-nord sono dotate di continuità territoriale, le famiglie erano diffuse nel territorio in modo capillare, era difficile riconosce il paese. Al sud (e qualsiasi persona meridionale lo può notare) i confini delle città si riconosco. Gli elementi sono città e campagna circostante, questo si ricollega al fenomeno del latifondo; il territorio del sud è frammentato.
Ma chi regolava lo sviluppo locale? Lo Stato?
Lo Stato inizialmente era assente da queste dinamiche, l’organo che regolava questo sviluppo, era la Famiglia.
Questi conglomerati di piccole botteghe col tempo aumentano di dimensioni, sia perché realizzando prodotti di alta qualità in quanto non sfruttano la catena di montaggio e quindi possono offrire prodotti diversificati, sia perché i beni prodotti sfruttano i flussi migratori verso l’America.
Giusto per fare qualche nome, da qui sono nati imprenditori come Benetton, Diego Della Valle, L. Del Vecchio.
L’espandersi di questi piccoli territori “familiari” ha portato alla nascita di quelli che oggi sono i distretti industriali. Distretti industriali che sono definiti da l’illustre Beccatini, come continuità, relazione, tra popolazione e territorio, caratterizzate da una produzione monosettoriale. Perché monosettoriale? Il modello fiduciario richiamato in precedenza permane ancora, vi è chi nel distretto di produzione delle scarpe, produce la suola, chi la pelle, chi i lacci ecc….

Ma oggi? Che è successo a questi distretti?
I problemi riguardano la concorrenza nel mercato internazionale e l’inadeguato sviluppo di servizi innovativi (per colpa dello Stato? O dei rappresentanti locali?).
Lo sviluppo, come già detto, inizialmente non era governato né al centro né nelle periferie (perfetta assenza dello Stato).
Nel momento in cui si apre il mercato viene richiesto l’intervento delle istituzioni.
Nel contesto italiano si sono avute due tipi di politiche, due binari differenti, politiche per il nord e politiche per il sud.
Ricordate il termine “cattedrali nel deserto”? bene, è collegato alla fallimentare cassa del mezzogiorno[1]. Fallita perché quei fondi sono andati persi per via della corruzione, delle politiche clientelari delle istituzioni meridionali.
Qualcuno sostiene che la struttura istituzionale italiana è soggetta a cicli ventennali.
Anni 90, ricordate tangentopoli? La serie di inchieste politiche? La crisi politica istituzionale? Diciamo senza entrare nel merito che tale situazione “purgò” l’assetto istituzionale italiano.
Nel 1991, avviene un piccolo passo verso il decentramento, versa la promozione delle autonomie locali la legge Bassanini. Oggi deflagra il sistema della autonomie su cui si era riposta fiducia nel 1991; fallimento delle autonomie locali.. giusto per fare qualche nome, Sicilia, Lombardia, Lazio.. Dopo vent’anni ci troviamo nuovamente con un governo tecnico, si ricorda il governo tecnico del 1991, in piena crisi economica, svalutazione e attacchi speculativi alla Lira,  un paese sull’orlo della banca rotta.

Ritornando al discorso dei distretti industriali, la prima legge che se ne occupa è la legga 317/1991[2]. All’art. 36 indicava i distretti industriali come “le aree territoriali locali caratterizzate da elevata concentrazione di piccole imprese, con particolare riferimento al rapporto tra la presenza delle imprese e la popolazione residente nonché alla specializzazione produttiva dell'insieme delle imprese”. Tale norma di fatto riconosceva il fenomeno dei distretti ma non ne dava una definizione, ma in soccorso fu emanato successivamente Il Decreto di attuazione (D.M 21 Aprile 1993, c.d. decreto “Guarino”) per l’individuazione delle aree di “distretto industriale”. Tale decreto individuava sulla base di criteri statistici i distretti industriali, ma tali criteri non corrispondevano alla realtà concreta del fenomeno distrettuale e difficilmente la normativa non ha potuto essere applicata.  Per risolvere in parte questi problemi fu emanata la legge 140/1999[3] che individuava dei criteri di riconoscimento dei distretti più flessibili. Le Regioni, anche se con molto ritardo, avviano la procedura legislativa, ma nel 2006 in accoglimento della Legge finanziaria cambia la legge di “promozione” dei distretti, ciò comporta limiti di spesa e fiscali. In realtà, nel 2006, l’allora ministro Bersani realizzò un programma chiamato “industria 2015[4]”, il quale individuava sostanzialmente tre strumenti per la competitività e il rilancio della politica industriale:
Ø  Reti di imprese
Ø  Accesso al credito
Ø  Progetti innovativi
Queste politiche ondivaghe sono state accolte con scarsa coerenza dalle PMI, perché sono rivolte alle sole imprese innovative. Si critica l’impianto legislativo perché l’intervento deve essere rivolto ad un territorio, ad una zona e non alla singola impresa. In termini economici, una politica di promozione di un conglomerato di imprese ha esternalità positive maggiori rispetto ad una politica di incentivazione rivolta ad una singola impresa. Ad esempio, dei fondi statali potrebbero esser spesi per migliorare e rafforzare le linee di comunicazione di un territorio. Di questo sviluppo ne beneficerebbero tutte le imprese di quel territorio, ma anche soggetti terzi (cittadini, turisti ecc.).La politica di promozione verso una singola impresa rafforza essa stessa, in minima parte (anzi piccolissima) ne beneficia l’economia esterna.
L’esempio pratico può esser individuato nell’ Alcoa[5]. Nell’ 1996 essa si insedia nel territorio italiano (sede direzionale a Milano), con alcune unità produttive, tra cui una a Portovesme (Sardegna). L’insediamento in tale zona fu favorito da Aiuti statali. Attualmente l'unità di Portovesme è in via di chiusura definitiva, nel contesto di un piano di ristrutturazione globale dell'azienda.

Secondo il ragionamento svolto poco fa, sarebbe stato economicamente vantaggioso investire nel territorio anziché direttamente nell’impresa, ad oggi gli investimenti fatti avrebbero migliorato l’appeal di quel territorio. Esempi come questo ne stanno in quantità, basti pensare alla Fiat, alla Motorola e via discorrendo.

Questa problematica si collega ad una miriade di problemi di cui è affetta l’Italia, disoccupazione, precarietà, basso sviluppo di imprese e servizi ecc., ed è conglobato, a mio modo di vedere, ad un’inefficienza ed inadeguatezza della governance statale e locale, che non riescono a porre in essere politiche economiche adeguate.


[1] Dall'inizio dell'operatività, nel 1951, sino al 1992 (ultimi dati conosciuti) e sotto il nome sia di Cassa per il Mezzogiorno che AgenSud, ha elargito alle regioni meridionali un totale di 279.763 miliardi di lire, pari a circa 140 miliardi di euro[1]. La spesa media annuale è stata di 3,2 miliardi di euro.
[2] Interventi per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese. (GU n.237 del 9-10-1991 - Suppl. Ordinario n. 60 )
[3] legge n. 140 dell’11 maggio 1999, relativa alle “Norme in materia di attività produttiva”,
[4] Messo a punto dal ministro dello Sviluppo Economico Pierluigi Bersani, Industria 2015 stabilisce le linee strategiche della politica industriale italiana, basandole su una concezione di Industria che integra non solo la produzione manifatturiera ma anche i servizi avanzati e le nuove tecnologie, in una prospettiva di medio-lungo periodo (il 2015)
[5] Alcoa Inc. (Aluminum Company of America), è un'azienda americana terza nel mondo come produttrice di alluminio, dietro alla canadese Rio Tinto-Alcan e alla Rusal.[2] Dalla sua sede operativa di Pittsburgh, in Pennsylvania, Alcoa gestisce operazioni in 44 paesi.

venerdì 12 ottobre 2012

Tesi Triennale

Lascio qui il link della mia tesi, che tratta della normativa internazionale, europea e nazionale delle fonti rinnovabili.

Tesi di Laurea Triennale

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giovedì 11 ottobre 2012

Presentazione 11/10/2012

Salve, sembra opportuno presentarmi.
Sono Giuseppe Del Vecchio, nato il 03/10/1989 a Terlizzi provincia di Bari, la stessa città in cui è nato Nichi Vendola. Mi diplomo come Perito Industriale specializzato in Elettronica e Telecomunicazione, e arrivato alla scelta universitaria, prendo come riferimento l'unica materia in cui avevo un rendimento costante e buono, Economia e Diritto, ringrazio ancora la Professoressa Fantastico per avermi fatto nascere questa passione. L'inizio della carriera universitaria non è dei migliori, dovevo ambientarmi all'atmosfera universitaria. Fino all'inizio del terzo anno ho un'andamento altalenante, alcuni voti buoni altri negativi. Ma qualcosa cambia in quello strano terzo anno, direi atipico perché ad occhi chiusi scelsi un curriculum che in molti evitavano (La strada più facile non è sempre quella più conveniente). A seguire le lezioni eravamo in pochi, eravamo quelli più interessati. Ricordo ancora l'entusiasmo con cui iniziai i Corsi di Diritto dell'Unione Europea e di Diritto del lavoro. I corsi erano molto interessanti, ma sicuramente era più interessante la professionalità dei docenti che tenevano i corsi, la prof.  Romito e il prof. Chieco. Cambio qualcosa, mettevo maggiore attenzione e maggiore passione nelle cose che facevo, studiare non era un peso.. anzi a volte un piacere. Il tempo passò, gli esami volavano.. Seguo anche il corso di Economia internazionale, il prof. Coniglio è un pozzo di "scienza",sembra sapere tutto... E lì, anche se in modo abbastanza insulso, mi immagino in veste universitaria... o meglio in veste didattica.. Diffondere il sapere agli altri.. Niente male come futuro eh? :).. Arrivò l'ultimo esame, Diritto commerciale.. Una bestia nera nella nostra facoltà.. inziai molto pesantemente lo studio, mentre scrivevo la tesi.. tesi che ho intenzione di Pubblicare e continuare le ricerche inerenti ad essa (è già in progetto un lavoro di tesi specialistica in un ambito particolare della normativa delle fonti rinnovabili).L'esame non va bene... anche, anzi direi sopratutto per problemi esterni (La testa o il cuore, cosa vince?). Ad ogni modo, supero le difficoltà.. e in data 9 luglio 2012, mi laureo.. Sentire il presidente di commissione (tosto e temuto dai laureandi per le sue domande) che mi dice " Mi è piaciuto molto il suo lavoro, è stato interessante" è stato bellissimo e ha ripagato i miei sforzi. Purtroppo ho pagato a caro prezzo i passi falsi iniziali.. così non ho potuto raggiungere il voto massimo.... Già prima della laurea mi ero informato riguardo una possibile specialistica che ripercorresse i miei interessi. Senza molta difficoltà di scelta (Un amore a prima vista), scelgo la Facoltà di Economia di Ancona, G. Fuà. Le mie attese non vengono deluse, è un ambiente stimolante. Colleghi, Professori e Struttura Universitaria, un mix perfetto per la formazione. Il fatto che siamo studenti con lauree diverse permette di "miscelare" le conoscenze, chi è laureato in Lingue aziendali, chi in Relazioni Diplomatiche e internazionali..,ecc.,Ringrazio anche il mio coinquilino per non avermi fatto pesare molto l'integrazione con la città dorica.

Voglio concludere con una frase che ripeto spesso a me stesso e agli altri...

CHI NON CONOSCE IL MONDO LO SUBISCE.