sabato 20 ottobre 2012

Sviluppo locale, Genesi e situazione attuale


Sviluppo locale, Genesi e situazione attuale

Esordisco riportando qualche statistica per far comprendere la dimensione del tema trattato. In Europa vi sono circa 5 milioni di artigiani, di cui 1,8 milioni sono presenti in Italia. In Italia nel 2006 erano presenti circa 400.000 imprese, oggi ridotte per via della congiuntura economica negativa a 250.000. Lo sviluppo locale può essere considerato una croce e una delizia. Inizierei facendo un excursus storico.
L’Italia ha uno sviluppo duale a partire dal 1900, l’Italia del centro-nord ha uno sviluppo agganciato al resto d’Europa, mentre il sud era in una condizione cronica di sotto sviluppo. Questo si può sinteticamente spiegare perché l’Italia del centro-nord era agganciata ai flussi e le correnti , commerciali e di pensiero dell’Europa centrale, mentre il sud al contrario era escluso da tutto ciò. Ma non è tutto, cosa cambia tra il territorio del sud e il resto d’Italia?
Alcuni illustri sociologi economici hanno rinvenuto alcune elementi di differenza:
Nel sud Italia era diffusa la cultura del latifondo, il bracciante lavorava il terreno altrui in una logica salariale, diremmo oggi per “fare la giornata”,mentre nel resto d’Italia era diffusa la cultura della Mezzadria, il contadino lavora il terreno altrui in una logica contrattuale ma non vincolante, lavorare il terreno per poter fornire di viveri la propria famiglia e pagare una quota al proprietario terriero. Il contadino è abituato al fai da te, diversamente dal bracciante che svolge quell’attività solo per il salario. Il contadino del “nord” sa fare conto perché deve “mandare avanti” l’economia familiare, è l’imprenditore. La mezzadria impone la costruzione di un rapporto fiduciario tra i braccianti, e questo rapporto sfocia nella costruzione per la comunità (dei braccianti) di strade interpoderali, ma anche di altre infrastrutture.
Sul piano sociologico si individuano differenze anche sul piano delle famiglie. Al centro nord vige il modello della famiglia allargata, ovvero la costruzione di un gruppo di lavoro familiare, che spesso non coincideva con la famiglia nucleare. La famiglia è propensa ad una forte etica del lavoro, alla condivisione di risorse, a compensazioni interne, la famiglia cioè è un capitale sociale.
Al sud vigeva (anzi vige!) un modello di familismo amorale. Sono culture familiari che sviluppano al loro interno la massima fiducia, mentre hanno diffidenza verso l’esterno. Possiamo notarlo anche noi, abbiamo un diverso rapporto con i beni pubblici, privilegiamo gli interessi privati, siamo i free rider. ( fin quando non danneggiano la mia proprietà non mi interessa ciò che accade fuori).
Questo è il contesto in cui nasce e progredisce lo sviluppo locale. Nel frattempo, nel nord ovest Italia, si sviluppa il modello one company- one town, ci riferiamo a Milano e Torino. Queste città sotto il flusso delle conoscenza Europee, si sviluppano all’inverosimile nel campo industriale, l’emblema è Torino con la Fiat. Questo porta alle migrazioni dei contadini del sud al nord per trovare lavoro. Doppia frattura sociale, le campagne del sud si svuotano, mentre il contesto locale delle città del nord è impreparato ad assorbire un flusso di popolazione elevato. Per non dire che tali zone negli anni 80 saranno al culmine del declino del modello fordista. Le zone interne dell’Italia, o per meglio dire le zone della dorsale adriatica rimangono estranee a questo evento. Perché?
Perché a partire dagli anni 50-60 vi è una dismissione di attività prevalentemente francesi e inglesi, in particolare abbigliamento, mobilio, opere manuali in genere perché ritenute mature. La famiglia allargata del centro- nord Italia coglie l’occasione imprenditoriale, e sfrutta le conoscenza tacite ( i sapere familiari) per realizzare piccole attività. Si forma la figura del metal- mezzadro. Le famiglie svolgevano sia attività agricola sia attività di produzione di piccoli manufatti… sedie, banchi, scarpe, vestiti ecc..
E’ un fenomeno endogeno, auto propulsivo.
Perché questo al sud non è avvenuto? Basta analizzare il contesto delineato poc’addietro.
Altro punto importante è che le Regioni del centro-nord sono dotate di continuità territoriale, le famiglie erano diffuse nel territorio in modo capillare, era difficile riconosce il paese. Al sud (e qualsiasi persona meridionale lo può notare) i confini delle città si riconosco. Gli elementi sono città e campagna circostante, questo si ricollega al fenomeno del latifondo; il territorio del sud è frammentato.
Ma chi regolava lo sviluppo locale? Lo Stato?
Lo Stato inizialmente era assente da queste dinamiche, l’organo che regolava questo sviluppo, era la Famiglia.
Questi conglomerati di piccole botteghe col tempo aumentano di dimensioni, sia perché realizzando prodotti di alta qualità in quanto non sfruttano la catena di montaggio e quindi possono offrire prodotti diversificati, sia perché i beni prodotti sfruttano i flussi migratori verso l’America.
Giusto per fare qualche nome, da qui sono nati imprenditori come Benetton, Diego Della Valle, L. Del Vecchio.
L’espandersi di questi piccoli territori “familiari” ha portato alla nascita di quelli che oggi sono i distretti industriali. Distretti industriali che sono definiti da l’illustre Beccatini, come continuità, relazione, tra popolazione e territorio, caratterizzate da una produzione monosettoriale. Perché monosettoriale? Il modello fiduciario richiamato in precedenza permane ancora, vi è chi nel distretto di produzione delle scarpe, produce la suola, chi la pelle, chi i lacci ecc….

Ma oggi? Che è successo a questi distretti?
I problemi riguardano la concorrenza nel mercato internazionale e l’inadeguato sviluppo di servizi innovativi (per colpa dello Stato? O dei rappresentanti locali?).
Lo sviluppo, come già detto, inizialmente non era governato né al centro né nelle periferie (perfetta assenza dello Stato).
Nel momento in cui si apre il mercato viene richiesto l’intervento delle istituzioni.
Nel contesto italiano si sono avute due tipi di politiche, due binari differenti, politiche per il nord e politiche per il sud.
Ricordate il termine “cattedrali nel deserto”? bene, è collegato alla fallimentare cassa del mezzogiorno[1]. Fallita perché quei fondi sono andati persi per via della corruzione, delle politiche clientelari delle istituzioni meridionali.
Qualcuno sostiene che la struttura istituzionale italiana è soggetta a cicli ventennali.
Anni 90, ricordate tangentopoli? La serie di inchieste politiche? La crisi politica istituzionale? Diciamo senza entrare nel merito che tale situazione “purgò” l’assetto istituzionale italiano.
Nel 1991, avviene un piccolo passo verso il decentramento, versa la promozione delle autonomie locali la legge Bassanini. Oggi deflagra il sistema della autonomie su cui si era riposta fiducia nel 1991; fallimento delle autonomie locali.. giusto per fare qualche nome, Sicilia, Lombardia, Lazio.. Dopo vent’anni ci troviamo nuovamente con un governo tecnico, si ricorda il governo tecnico del 1991, in piena crisi economica, svalutazione e attacchi speculativi alla Lira,  un paese sull’orlo della banca rotta.

Ritornando al discorso dei distretti industriali, la prima legge che se ne occupa è la legga 317/1991[2]. All’art. 36 indicava i distretti industriali come “le aree territoriali locali caratterizzate da elevata concentrazione di piccole imprese, con particolare riferimento al rapporto tra la presenza delle imprese e la popolazione residente nonché alla specializzazione produttiva dell'insieme delle imprese”. Tale norma di fatto riconosceva il fenomeno dei distretti ma non ne dava una definizione, ma in soccorso fu emanato successivamente Il Decreto di attuazione (D.M 21 Aprile 1993, c.d. decreto “Guarino”) per l’individuazione delle aree di “distretto industriale”. Tale decreto individuava sulla base di criteri statistici i distretti industriali, ma tali criteri non corrispondevano alla realtà concreta del fenomeno distrettuale e difficilmente la normativa non ha potuto essere applicata.  Per risolvere in parte questi problemi fu emanata la legge 140/1999[3] che individuava dei criteri di riconoscimento dei distretti più flessibili. Le Regioni, anche se con molto ritardo, avviano la procedura legislativa, ma nel 2006 in accoglimento della Legge finanziaria cambia la legge di “promozione” dei distretti, ciò comporta limiti di spesa e fiscali. In realtà, nel 2006, l’allora ministro Bersani realizzò un programma chiamato “industria 2015[4]”, il quale individuava sostanzialmente tre strumenti per la competitività e il rilancio della politica industriale:
Ø  Reti di imprese
Ø  Accesso al credito
Ø  Progetti innovativi
Queste politiche ondivaghe sono state accolte con scarsa coerenza dalle PMI, perché sono rivolte alle sole imprese innovative. Si critica l’impianto legislativo perché l’intervento deve essere rivolto ad un territorio, ad una zona e non alla singola impresa. In termini economici, una politica di promozione di un conglomerato di imprese ha esternalità positive maggiori rispetto ad una politica di incentivazione rivolta ad una singola impresa. Ad esempio, dei fondi statali potrebbero esser spesi per migliorare e rafforzare le linee di comunicazione di un territorio. Di questo sviluppo ne beneficerebbero tutte le imprese di quel territorio, ma anche soggetti terzi (cittadini, turisti ecc.).La politica di promozione verso una singola impresa rafforza essa stessa, in minima parte (anzi piccolissima) ne beneficia l’economia esterna.
L’esempio pratico può esser individuato nell’ Alcoa[5]. Nell’ 1996 essa si insedia nel territorio italiano (sede direzionale a Milano), con alcune unità produttive, tra cui una a Portovesme (Sardegna). L’insediamento in tale zona fu favorito da Aiuti statali. Attualmente l'unità di Portovesme è in via di chiusura definitiva, nel contesto di un piano di ristrutturazione globale dell'azienda.

Secondo il ragionamento svolto poco fa, sarebbe stato economicamente vantaggioso investire nel territorio anziché direttamente nell’impresa, ad oggi gli investimenti fatti avrebbero migliorato l’appeal di quel territorio. Esempi come questo ne stanno in quantità, basti pensare alla Fiat, alla Motorola e via discorrendo.

Questa problematica si collega ad una miriade di problemi di cui è affetta l’Italia, disoccupazione, precarietà, basso sviluppo di imprese e servizi ecc., ed è conglobato, a mio modo di vedere, ad un’inefficienza ed inadeguatezza della governance statale e locale, che non riescono a porre in essere politiche economiche adeguate.


[1] Dall'inizio dell'operatività, nel 1951, sino al 1992 (ultimi dati conosciuti) e sotto il nome sia di Cassa per il Mezzogiorno che AgenSud, ha elargito alle regioni meridionali un totale di 279.763 miliardi di lire, pari a circa 140 miliardi di euro[1]. La spesa media annuale è stata di 3,2 miliardi di euro.
[2] Interventi per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese. (GU n.237 del 9-10-1991 - Suppl. Ordinario n. 60 )
[3] legge n. 140 dell’11 maggio 1999, relativa alle “Norme in materia di attività produttiva”,
[4] Messo a punto dal ministro dello Sviluppo Economico Pierluigi Bersani, Industria 2015 stabilisce le linee strategiche della politica industriale italiana, basandole su una concezione di Industria che integra non solo la produzione manifatturiera ma anche i servizi avanzati e le nuove tecnologie, in una prospettiva di medio-lungo periodo (il 2015)
[5] Alcoa Inc. (Aluminum Company of America), è un'azienda americana terza nel mondo come produttrice di alluminio, dietro alla canadese Rio Tinto-Alcan e alla Rusal.[2] Dalla sua sede operativa di Pittsburgh, in Pennsylvania, Alcoa gestisce operazioni in 44 paesi.

venerdì 12 ottobre 2012

Tesi Triennale

Lascio qui il link della mia tesi, che tratta della normativa internazionale, europea e nazionale delle fonti rinnovabili.

Tesi di Laurea Triennale

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giovedì 11 ottobre 2012

Presentazione 11/10/2012

Salve, sembra opportuno presentarmi.
Sono Giuseppe Del Vecchio, nato il 03/10/1989 a Terlizzi provincia di Bari, la stessa città in cui è nato Nichi Vendola. Mi diplomo come Perito Industriale specializzato in Elettronica e Telecomunicazione, e arrivato alla scelta universitaria, prendo come riferimento l'unica materia in cui avevo un rendimento costante e buono, Economia e Diritto, ringrazio ancora la Professoressa Fantastico per avermi fatto nascere questa passione. L'inizio della carriera universitaria non è dei migliori, dovevo ambientarmi all'atmosfera universitaria. Fino all'inizio del terzo anno ho un'andamento altalenante, alcuni voti buoni altri negativi. Ma qualcosa cambia in quello strano terzo anno, direi atipico perché ad occhi chiusi scelsi un curriculum che in molti evitavano (La strada più facile non è sempre quella più conveniente). A seguire le lezioni eravamo in pochi, eravamo quelli più interessati. Ricordo ancora l'entusiasmo con cui iniziai i Corsi di Diritto dell'Unione Europea e di Diritto del lavoro. I corsi erano molto interessanti, ma sicuramente era più interessante la professionalità dei docenti che tenevano i corsi, la prof.  Romito e il prof. Chieco. Cambio qualcosa, mettevo maggiore attenzione e maggiore passione nelle cose che facevo, studiare non era un peso.. anzi a volte un piacere. Il tempo passò, gli esami volavano.. Seguo anche il corso di Economia internazionale, il prof. Coniglio è un pozzo di "scienza",sembra sapere tutto... E lì, anche se in modo abbastanza insulso, mi immagino in veste universitaria... o meglio in veste didattica.. Diffondere il sapere agli altri.. Niente male come futuro eh? :).. Arrivò l'ultimo esame, Diritto commerciale.. Una bestia nera nella nostra facoltà.. inziai molto pesantemente lo studio, mentre scrivevo la tesi.. tesi che ho intenzione di Pubblicare e continuare le ricerche inerenti ad essa (è già in progetto un lavoro di tesi specialistica in un ambito particolare della normativa delle fonti rinnovabili).L'esame non va bene... anche, anzi direi sopratutto per problemi esterni (La testa o il cuore, cosa vince?). Ad ogni modo, supero le difficoltà.. e in data 9 luglio 2012, mi laureo.. Sentire il presidente di commissione (tosto e temuto dai laureandi per le sue domande) che mi dice " Mi è piaciuto molto il suo lavoro, è stato interessante" è stato bellissimo e ha ripagato i miei sforzi. Purtroppo ho pagato a caro prezzo i passi falsi iniziali.. così non ho potuto raggiungere il voto massimo.... Già prima della laurea mi ero informato riguardo una possibile specialistica che ripercorresse i miei interessi. Senza molta difficoltà di scelta (Un amore a prima vista), scelgo la Facoltà di Economia di Ancona, G. Fuà. Le mie attese non vengono deluse, è un ambiente stimolante. Colleghi, Professori e Struttura Universitaria, un mix perfetto per la formazione. Il fatto che siamo studenti con lauree diverse permette di "miscelare" le conoscenze, chi è laureato in Lingue aziendali, chi in Relazioni Diplomatiche e internazionali..,ecc.,Ringrazio anche il mio coinquilino per non avermi fatto pesare molto l'integrazione con la città dorica.

Voglio concludere con una frase che ripeto spesso a me stesso e agli altri...

CHI NON CONOSCE IL MONDO LO SUBISCE.